On the road in Marocco con i nostri bambini

Casablanca, Marocco

MAROCCO? YALLAH!

Quello del Marocco è stato un viaggio nato d’impulso. Il modo migliore per illuminare un pomeriggio piovoso di novembre è quello di lanciarsi nell’acquisto di un volo, soprattutto se trovi un’offerta vantaggiosa, non importa se non avevi mai considerato prima quella meta.

E Marocco sia. Yallah!

 

VIAGGIO ON THE ROAD CON AUTISTA

Essendo la nostra prima volta in un paese arabo (o meglio, la prima volta in un paese arabo con figli al seguito), e viaggiando stranamente da soli, decidiamo di affidarci ad una agenzia locale per un tour tailor-made con driver al seguito. Ci risparmiamo la trafila per cercare e prenotare gli alloggi, il noleggio auto, la ricerca dei parcheggi e delle guide per le visite alle città. E da quanto ci hanno raccontato, risparmiamo anche i soldi di multe elargite con facilità nei confronti dei turisti alla guida.

Tutto sommato una bella esperienza, ma penso torneremo presto al nostro viaggiare liberi, gustando imprevisti e fuori programma.

[Leggi del nostro viaggio in Lapponia]

PRIMA TAPPA: MARRAKECH

Un volo di poco più di tre ore ci trasporta a Marrakech, dove ci accoglie Lachen, il nostro driver, che ci guida fino al nostro Riad nel cuore della medina, raggiungibile solo a piedi, trascinando le valigie in uno slalom tra biciclette e motorini che sfrecciano impassibili.

Riad a Marrakech, Marocco
Riad a Marrakech, Marocco

Giusto il tempo di un tè alla menta e poi via, alla scoperta di questa città imperiale. Yallah!

“Lascia che sia il tempo a correre dietro a te e non tu a dover correre dietro al tempo”. Con queste parole veniamo accolti dalla guida, che si prende del tempo per introdurci al mondo del Marocco. Ci parla delle antiche popolazioni, i berberi, o, come lui preferisce chiamarle, “Amazigh”, che tradotto significa “uomo libero”, e ci spiega il significato del loro simbolo, che vedremo riprodotto un po’ ovunque durante il viaggio. Ci racconta dell’arrivo degli arabi, della Reconquista Spagnola, dell’influenza andalusa sull’arte marocchina, dei francesi e della monarchia. Un excursus interessante che crea la cornice entro la quale inserire quanto andremo a vedere.

Il nostro giro prende il via dalla grande piazza Jema el Fna che a quest’ora si sta lentamente risvegliando visto che ci troviamo in periodo di Ramadan e di giorno molte bancarelle sono chiuse.

Da qui percorriamo la via del Principe e raggiungiamo l’ingresso a quello che un tempo era il quartiere ebraico ma che ha poi lasciato spazio al souk. La maggior parte delle famiglie ebraiche si sono infatti trasferite in Israele dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. I laboratori di oreficeria, di cui gli ebrei erano maestri, hanno lasciato spazio alle botteghe tipiche.

Medina di Marrakech
Medina di Marrakech, Marocco

Siamo circondati da banchi di spezie di ogni tipo e colore (zafferano, curcuma, cumino..), sapone nero per l’hammam, dolci carichi di fichi e datteri, olive e prodotti dell’ artigianato locale come tessuti, calzature e piastrelle decorate.

Visitiamo la sinagoga, dove i credenti si ritrovano il venerdì per la preghiera, il caravanserraglio, dove i dromedari sostavano alla fine della lunga attraversata del deserto da Timbuktu e i carovanieri scaricavano la merce, e infine il bellissimo palazzo El Bahia che unisce decorazioni in stile berbero, arabo e andaluso oltre che dei soffitti in legno davvero stupefacenti. La parte più interessante è l’harem delle 4 spose e delle 24 concubine di Abu Bou Ahmed, uno schiavo di colore che riuscì ad ottenere il titolo di visir.

Purtroppo anche la Moschea Koutobia, come quasi tutte le moschee in Marocco, non è visitabile dalle persone non musulmane. Passeggiamo per il giardino che si trova sul retro e ammiriamo le intricate decorazioni del minareto, la torre costruita nel XI secolo ispirata alla Giralda di Siviglia.

Moschea a Marrakech
Moschea a Marrakech

La stanchezza e la fame iniziano a farsi sentire, quindi salutiamo la guida e, dopo la prima tajine e il primo cous cous gustati da una terrazza affacciata sulla piazza Jema el Fna, ci concediamo un paio di ore di sonno.

Tajine e cous cous, Marocco
Tajine e cous cous, Marocco

Al tramonto siamo in prima fila su un’altra terrazza ad ammirare il sole che si nasconde oltre la città, decretando la fine del digiuno quotidiano, annunciata anche da una sirena e dal richiamo alla preghiera dato dal muezzin. La città è in preda ad un fuggi fuggi generale, alcune serrande vengono abbassate e su alcune vetrine compare la scritta “pausa per Ramadan”. È il momento di mangiare e bere, e se lo vogliono godere per bene. Poi, intorno alle 20, la piazza e le vie della medina si rianimano e la città sarà viva fino a notte inoltrata (quella delle 19 è una sorta di pranzo, al quale segue una merenda intorno a mezzanotte e di nuovo un pasto abbondante prima dell’inizio del nuovo giorno, intorno alle 4:00).

Piazza Jema el Fna a Marrakech
Piazza Jema el Fna a Marrakech

IN VIAGGIO VERSO SUD

Lasciamo il nostro Riad intorno alle 8:15 e impieghiamo più di mezz’ora per uscire da Marrakech. La strada che imbocchiamo per salire sull’Alto Atlante si inerpica tortuosa tra terra rossa punteggiata di ulivi, colline sinuose su cui sono adagiati piccoli villaggi che sembrano disabitati, se non fosse per alcune donne che lavano i panni al fiume.

Salendo di quota, gli ulivi lasciano il posto a quella che viene definita “la foresta del re”, una riserva di caccia dove il re viene con regolarità a praticare la caccia al cinghiale.

Sullo sfondo si aprono le cime dell’Alto Atlante coperte di neve. Scendiamo a scattare le foto di rito e avvertiamo una piacevole aria frizzantina.

Ci fermiamo in un piccolo laboratorio gestito da donne per la lavorazione e produzione di olio di argan. Osserviamo il processo di lavorazione dal frutto, al seme e infine all’olio e a tutti i prodotti alimentari e cosmetici realizzati con questa materia prima.

Intorno alle 11:00 attraversiamo il passo di Tisin Tuska a una quota di 2200 metri.

La strada costeggia il letto di un fiume prosciugato lungo il quale brucano asini, pecore e qualche cavallo.

Villaggi del Marocco
Villaggi del Marocco

Visitiamo la kasbah di Telouet, un imponente palazzo con 356 stanze, nata come Kasbah Glaoui, dal nome della dinastia familiare che ne era la proprietaria, costruita nel 1860.

Qui si fermavano le carovane provenienti dal Sahara, percorrendo la “via del sale” e dovendo attraversare altre sette porte prima di entrare nella kasbah.

Saliamo scale strette e raggiungiamo un lungo corridoio al termine del quale una bellissima porta in legno di cedro intagliato, si apre su un magnifico salone composto di varie stanze.

Gesso, piastrelle zellij e disegni colorati sono i protagonisti di queste sale. Sulle pareti esterne, le grandi finestre, con inferriate lavorate, affacciano su un panorama mozzafiato.

Riprendiamo il tour alla volta di Ait ben Haddou, sito appartenente al Patrimonio dell’Unesco e set per numerosi film e serie tv.

Ait Ben Haddou, Marocco
Ait Ben Haddou, Marocco

Saliamo lungo uno stretto vicolo che porta alla sommità della città fortificata. La Ksar è un concetto abitativo tribale, composto da un gruppo di edifici costruiti nel 1600 con materiali organici, tra cui un ricco fango rosso, e racchiuso all’interno di alte mura. Ait Ben-Haddou è stata costruita su una collina, in modo da dominare la vallata, lungo le sponde del fiume Ounila, ai piedi delle montagne dell’Atlante, a 30 chilometri da Ouarzazate. Ammiriamo le torri angolari, un grande granaio fortificato sulla cima, la moschea e la piazza.

Dopo la visita alla città fortificata, raggiungiamo Ourzazate e arriviamo al nostro riad in tempo per un tuffo rigenerante in piscina. L’acqua è bella fresca, giusto quello che ci voleva. Cena e a letto presto, domani ci aspettano tanti chilometri per raggiungere il deserto.

DESERTO DI MERZOUGA E VILLAGGI BERBERI

Lasciamo il Riad Chamaa intorno alle 8:00 e ci dirigiamo verso la Kasba di Skoura, che dista circa mezz’ora da Ourzazate. La nostra guida ci racconta di non aver fatto colazione perché ieri, dopo il tramonto, si è concesso tre cene in successione, e quindi questa mattina non aveva fame… convinto lui.

Kasbah di Skoura
Kasbah di Skoura

Il paesaggio fuori Ourzazate è una distesa di terra, rocce e cespugli, colline solitarie e qualche palma qua e là. Non per niente la cittadina viene chiamata “la Porta del Deserto”. Un forte vento solleva polvere che pare creare una nebbiolina che crea l’impressione di miraggi.

La kasbah di Skoura si sviluppa su 4 livelli e, come ci spiega la guida, ogni piano è dedicato a ciascuna delle quattro mogli del padrone. Alla moglie preferita è riservato l’ultimo piano, di fianco alla zona di preghiera con 5 finestrelle rivolte verso la Mecca. Ogni abitazione ha la propria cucina con forno per il pane, un’altra specie di forno per cuocere la carne di capra, e i recipienti per il cous cous. Al piano terra la sala dove la famiglia si riuniva per mangiare e chiacchierare, un piccolo museo con reperti antichi e addirittura una sala dedicata alla tomba dell’imam.

Lasciamo Skoura e dopo qualche chilometro ci inoltriamo nella Valle delle Rose, dove anche i taxi sono in tema perché di colore rosa.

Vento e sabbia ci accompagnano per tutta la mattina che ci serve per avvicinarci alle Gole del Todra passando anche per la Valle del Dades.

Alle Gole del Todra facciamo una breve passeggiata lungo il torrente fiancheggiato da imponenti pareti di roccia modellata dall’erosione degli agenti atmosferici. Ricky ne approfitta per provare un giro a bordo di asinello!

Ci fermiamo poi in un laboratorio dove si vendono tappeti tessuti a mano da più di 3000 donne che lavorano per una cooperativa. Abdoul ci mostra i diversi tipi di tappeti e ci spiega come si realizzano le tinture, tutte a partire da pigmenti naturali. Il tappeto che ci piace di più è quello che lui definisce “anti-stress“ perché presenta porzioni in rilievo e parti ricamate che creano una sensazione di piacevole massaggio sotto i piedi.

Poco prima del tramonto raggiungiamo Merzouga, il villaggio da cui partono le carovane (di turisti) a bordo di dromedari che si recano verso i campi tendati tra le dune del deserto Erg Chebbi.

Nel Deserto di Merzouga
Nel Deserto di Merzouga

Per i nostri figli il giro in dromedario e le corse giù per le dune sono stati i momenti più emozionanti di tutto il viaggio.

Il campo tendato conta una decina di tende con qualsiasi comfort. Dopo una cena in compagnia degli altri ospiti, ascoltiamo alcune canzoni intorno al fuoco e poi ci addormentiamo felici al calduccio nella nostra tenda.

Deserto di Merzouga
Deserto di Merzouga

TRA VILLAGGI BERBERI NEL DESERTO NERO

Il vento ci sveglia all’alba. Purtroppo è talmente forte da impedirci di godere appieno di questo luogo. Dopo colazione ci inoltriamo nel deserto nero dove ci avviciniamo alle tende di alcune famiglie berbere che hanno deciso di stabilirsi qui per avvantaggiarsi degli aiuti lasciati dai turisti.

Villaggi berberi nel deserto nero del Marocco
Villaggi berberi nel deserto nero del Marocco

Le tende sono fatte di coperte di lana grezza cucite tra loro, e all’interno si dorme su stuoie appoggiate direttamente al terreno. Una piccola capanna accoglie il forno dove cuocere il pane e un fuoco per la tajin. Nei recinti qualche capra e qualche gallina, mentre il resto degli animali è stato portato al fiume dai pastori.

La giornata è purtroppo guastata da un forte vento che solleva la polvere e rende il cielo di un colore grigio-beige che rimarrà così per l’intera giornata. Non ci resta che riposare e mangiare.

IN VIAGGIO VERSO FES

Oggi ci aspetta un viaggio molto lungo da Merzouga fino a Fes. Lungo la strada ammiriamo la valle del fiume Ziz, dove un fiume rende la vegetazione rigogliosa, e il verde delle palme contrasta con i tavolati arancioni che fanno da cornice. Facciamo una breve sosta a Ifrane, e ci sentiamo improvvisamente catapultati in un paese svizzero: qui infatti nevica molto in inverno, e per questo motivo le case hanno i caratteristici tetti a punta, nota insolita in Marocco. Ifrane fu costruita dai francesi nel 1929, durante il protettorato della loro amministrazione. Un luogo pensato per le famiglie coloniali, dove avrebbero potuto trovare refrigerio durante i mesi estivi, lontani dalla calura insopportabile della costa. Attraversiamo poi il Medio Atlante, che al momento è un vero e proprio cantiere, tante sono le strade in costruzione. Il viaggio dura circa 7 ore, ma al nostro arrivo a Fes abbiamo ancora la forza per fare un veloce giro per la medina, prima di abbandonarci al sonno nel nostro Riad in pieno centro.

FES, LA NOSTRA CITTA’ IMPERIALE PREFERITA

Oggi il programma prevede la visita guidata di Fes, in compagnia di Fikir.

Iniziamo dal palazzo reale, di cui ammiriamo l’ingresso, su cui si affacciano 7 porte di un giallo brillante. Fu costruito nel 1272 e ancora oggi viene usato per le celebrazioni della famiglia reale, anche se purtroppo è chiuso al pubblico.

Visitiamo poi una cooperativa dove si producono prodotti in ceramica. Qui i ragazzi imparano a lavorare l’argilla grigia, a realizzare e a dipingere vasi, tajin, servizi da tè e molti altri oggetti. Altri invece apprendono l’arte del mosaico e realizzano tavoli e fontane. Mi sarei comprata tutto il negozio.

Saliamo poi su una collina dove sorge un castello eretto a protezione della città, e ammiriamo Fes dall’alto. Ci rendiamo conto dell’estensione della sua medina, la quale viene definita la più grande di tutto il Marocco. Intravvediamo il minareto bianco che sorge presso l’università più antica al mondo, risalente al IX secolo (ma non era quella di Bologna la più antica?) e notiamo come la città sia adagiata tra la catena del Medio Atlante e quella del Rif.

La medina di Fes, Marocco
La medina di Fes, Marocco

Ci inoltriamo nei vicoli della medina, alcuni davvero molto stretti (se ne contano addirittura 9000, quindi è meglio avventurarsi con una guida). Non capiamo come la nostra guida riesca a orientarsi così facilmente, noi ci perderemmo dopo pochi minuti. Ogni “quartiere” è dedicato a una attività diversa: ci sono le bancarelle alimentari, i negozi di abiti da sposa e con tutto quello che serve per organizzare la cerimonia, i negozi di pelletteria, quelli dove si lavora il rame e molto altro.

La medina di Fes
La medina di Fes

Visitiamo un’erboristeria, dove ci viene spiegato il processo di produzione dell’olio di argan, (dal quale usciamo con 6 flaconcini di prodotti vari, con la promessa di “soddisfatti o rimborsati”) e un laboratorio tessile dove osserviamo la realizzazione di eleganti tappeti al telaio (dal quale invece usciamo a mani vuote). Molto interessante è la visita all’antica conceria, che ammiriamo dall’alto di una terrazza. L’odore è talmente acre che ci viene offerto un rametto di menta da tenere vicino al naso per attenuare la puzza.

Sulla sinistra ammiriamo le vasche bianche dove le pelli vengono conciate per renderle più morbide, usando addirittura escrementi di piccione, mentre nelle vasche alla nostra destra le pelli vengono colorate con tinte naturali. Questo processo si ripete identico da centinaia di anni, e il sito è protetto dall’Unesco.

Le concerie di Fes, Marocco
Le concerie di Fes, Marocco

SOSTA A VOLUBILIS

Prima di dirigerci verso la nostra prossima meta, facciamo una deviazione per Volubilis (a pochi chilometri da Meknes, non inclusa nel nostro tour), un sito archeologico nel quale sorgeva la capitale del regno della Mauretania, governato dagli antichi romani. Ben conservato è l’Arco di Trionfo di Caracalla, oltre alcune case decorate con mosaici. Vale una visita di un paio di ore, sia per estensione che per stato di conservazione.

Il sito archeologico di Volubilis
Il sito archeologico di Volubilis

E ora passiamo alla prossima tappa.

CHEFCHAOUEN SI’, CHEFCHAOUEN NO?

Visitare Chefchaouen o non visitarla? Questa è una domanda che si pongono molti viaggiatori durante un on the road in Marocco. Certo la sua posizione la penalizza un po’, in quanto si trova a circa 4 ore sia da Fes che da Rabat, quindi non è proprio “di passaggio”. Se siete indecisi, io vi suggerisco di andarci. La “città blu” (che poi in realtà, come dice mio figlio, è azzurra e bianca) non è un semplice set per gli Insta-addicted (o meglio, le Insta-addicted).

Chefchaouen, la città blu
Chefchaouen, la città blu

Nei suoi vicoli stretti si respira un’autenticità che ti penetra dentro pur restandoci poche ore. Le gente sembra più fiera ma anche più “leggera”. I negozianti scambiano piacevolmente due chiacchiere sulla loro arte, ti raccontano con fierezza di come nascono i loro tappeti e le loro tele artistiche, senza pressioni verso l’acquisto. Sono solo impressioni le mie, impressioni di una viaggiatrice di passaggio che qui ha trascorso solo una giornata, ma impressioni che mi sono entrate dentro facendomi apprezzare molto questa città.

Per i vicoli di Chefchaouen, Marocco
Per i vicoli di Chefchaouen, Marocco

Molto piacevole è la passeggiata che in circa mezz’ora conduce alla Moschea Spagnola, posta su una collina alle porte della città. Piacevole è passeggiare ascoltando discorsi in tante lingue diverse, e raggiungere la “cima” proprio nel momento in cui suona la “sirena” che segnala la fine del digiuno e l’inizio dell’ennesima festa.

Un po’ meno piacevole è la notte a Chefchaouen, specie se in pieno Ramadan. Sì, perché se di giorno la città è tranquilla e la gente sonnacchiosa, di notte riprendono vita, tra preghiere e banchetti che impediscono di dormire. Addirittura c’è qualcuno che nel cuore della notte attraversa la via principale suonando un tamburo.

Chefchaouen dall'alto
Chefchaouen dall’alto

RABAT, LA CAPITALE, CASABLANCA, LA MOSCHEA PIU’ GRANDE

Il tragitto da Chefchaouen a Rabat è molto lungo (circa 4 ore) ma attraversa paesaggi che nulla hanno da invidiare alle colline toscane. I contadini lavorano i campi, i bambini giocano ai bordi delle strade e famiglie si spostano a bordo di carretti trainati da asini.

Il nostro pomeriggio a Rabat si sviluppa tra una visita alla piazza su cui si affacciano la Torre di Hassan, non conclusa (così come non concluso è il progetto della moschea che su questa piazza sarebbe dovuta sorgere, di cui rimangono le basi delle colonne a testimoniare l’inizio lavori), e il mausoleo di Mohamed V, dalle eleganti decorazioni, e una passeggiata per il centro della Medina, molto meno affollata di quelle incontrate finora.

Mausoleo di Rabat, Marocco
Mausoleo di Rabat, Marocco

Verso il tramonto ci inoltriamo nella Kasbah degli Oudaya, una fortezza che si affaccia sull’Oceano Atlantico e su un cimitero di proporzioni esorbitanti. L’interno della kasbah presenta un giardino in cui passeggiare all’ombra delle piante, e negozietti tipici. La spiaggia è affollata di surfisti che inseguono l’onda, in questa fresca giornata primaverile. In generale Rabat non ci ha entusiasmato, è molto diversa dalle città visitate durante il nostro itinerario, meno tradizionale e coinvolgente.

La Kasbah di Rabat
La Kasbah di Rabat

L’ultimo giorno ci porta da Rabat a Marrakesh, con sosta a Casablanca (a un’ora e mezza da Rabat).

Qui partecipiamo ad una visita guidata alla Moschea di Hassan II, una delle poche moschee al mondo visitabili dai non musulmani. È una moschea molto recente, conclusa all’inizio degli anni novanta, ed è costruita per due terzi sul mare. Si affaccia su un’ampia piazza che ospita centinaia di fedeli durante le ore di preghiera.

La Moschea di Casablanca
La Moschea di Casablanca

L’interno presenta richiami alle altre religioni più diffuse: la struttura è quella tipica delle basiliche cristiane a tre navate, le balconate in cedro per la preghiera delle donne richiamano le sinagoghe ebraiche, mentre le fontane per le abluzioni al piano interrato assomigliano a fiori di loto, un evidente rimando alla religione buddhista. Un messaggio di unione, tolleranza e pace tra le diverse confessioni.

L'interno della Moschea di Casablanca
L’interno della Moschea di Casablanca

Il nostro tour si conclude da dove era partito, ovvero a Marrakech, dopo 10 giorni, circa 2000 km e tanti cous cous e tajine.

Ci godiamo l’ultimo tramonto dall’alto di una terrazza affacciata sulla Piazza Jema el Fna, memori del consiglio datoci dalla nostra prima guida: “Lascia che sia il tempo a correre dietro a te e non tu a dover correre dietro al tempo”.

Tajine
Tajine

COSA CI PORTIAMO A CASA DA QUESTO VIAGGIO IN MAROCCO?

Tè alla menta servito in modo scenografico; gatti, gatti e ancora gatti in ogni dove; olio di argan e profumi di tutti i tipi (buoni o cattivi); conversazioni con parole in italiano, mischiate a francese, spagnolo e un po’ di arabo con una spruzzatina di berbero; gatti, gatti e ancora gatti in ogni dove (l’ho già scritto?); cous cous e tajine (buonissimi, ma al terzo giorno abbiamo cercato un ristorante italiano); il muezzin che ti sveglia di notte con il richiamo alla preghiera; gli Yallah e gli Inshallah.

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